Spettacoli

PESARO DANZA FOCUS FESTIVAL

teatrOltre

sabato 28 maggio 2022
18:30

sabato 28 maggio 2022
20:30

sabato 28 maggio 2022
22:00

Chiesa della Santissima AnnunziataChiesa di Santa Maria MaddalenaTeatro Sperimentale

- abbonamento 3 spettacoli €15- chiesa dell'Annunziata posto unico €10- Teatro Sperimentale €5- chiesa della Maddalena €3

ore 18,30 CHIESA DELLA MADDALENA
LAURA GAZZANI
WALTER —> biglietti

ore 20,30 TEATRO SPERIMENTALE
Marche casa del teatro. Residenze d’artista
NYKO PISCOPO
MEMENTO (STUDIO) —> biglietti

ore 22 CHIESA DELL’ANNUNZIATA
CLAUDIA CASTELLUCCI / COMPAGNIA MÒRA
ALL’INIZIO DELLA CITTÀ DI ROMA —> biglietti

WALTER
di Laura Gazzani
interpreti Nicolò Giorgini e Francesca Rinaldi
accompagnamento artistico Aurelio Di Virgilio
sound designer Lorenzo Lucchetti
costumi Laura Tipo
profumiere Mauro Malatini
musiche Pëtr Il’ič Čajkovskij
produzione Anghiari Dance Hub
con il sostegno di Ritratti d’Artista
Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi
progetto artistico e organizzativo condiviso da
Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto –Teatro Dimora | La Corte Ospitale)
Teatro Petrella di Longiano, Piemonte dal Vivo / Lavanderia Vapore – Centro di residenza Piemonte Kilowatt Festival
il progetto è stato realizzato con il contributo di ResiDance XL
luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche
azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore
coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino

Anche se nei sogni è tutta illusione e nulla più
[Da La bella addormentata nel bosco di Walt Disney]
Walter è un walzer futuristico.
Due corpi e una regola danzano insieme per ricreare l’incanto, immersi nello stesso spazio e nello stesso tempo, uniti dall’1-2-3. Come in una corte aristocratica o in una ballroom popolare, intrighi, amori e incontri nutrono lo spazio. L’aspetto umano si svela in un perimetro fantastico e circolare, dove la ridondanza dei movimenti è condivisa con chi guarda. Una ripetizione che aiuta l’opera a ricreare l’incanto perduto di un passato affezionato alle fiabe. Walter gira gira gira e non si ferma più.

MEMENTO (STUDIO)
coreografia Nyko Piscopo
musica Arvo Pärt
costumi Rosario Martone
drammaturg Ciro Ciancio
scenografia Paola Castrignanò
disegno luci in via di definizione
danzatori Nicolas Grimaldi Capitello, Eleonora Greco Leopoldo Guadagno, Francesco Russo
management Vittorio Stasi
produzione Cornelia
supporto Caleidoscopio, ArtGarage
in collaborazione con AMAT / Comune di Pesaro Compagnia Zappalà Danza – Scenario Pubblico

Memento è una pièce di danza che si fonda sul non-evento. Come nel capolavoro beckettiano, Aspettando Godot, la tensione è creata dal susseguirsi di speranze che non trovano uno sfogo concreto. Così allo stesso modo, nella vita, ogni momento è attesa di qualcosa di definitivo che poi, quando pensiamo di averlo ottenuto, scopriamo sempre essere frammentato e soggettivo. All’interno della coreografia i performer vivono quest’attesa e, nella ricerca di una risposta definitiva, divina e non, alla loro condizione esistenziale, cercano conforto l’uno dall’altro, si sfidano, oppure, come un coro, tendono tutti verso lo stesso punto. Alla fine, la meta stessa del loro viaggio si concretizzerà nel ricordo (memento significa, per l’appunto, “ricordati”) di questi rapporti e delle sensazioni che hanno sentito, rendendo la stessa un momento rituale, un atto sacro, e quindi eterno.
NOTE DI REGIA
La successione di tensione e calma apparente coinvolge ogni aspetto della messa in scena. Le luci si appoggiano sui performer come macchie che improvvisamente appaiono e, altrettanto improvvisamente, svaniscono, trasmettendo l’ansia e l’agonia che sentono i protagonisti della pièce. L’atmosfera di inquietudine tende a essere amplificata da un eterno ritorno all’immobilità coreografica, immobilità che però viene costantemente messa in discussione, oltre che dalla progressione di luce e oscurità, anche dalla dinamica scenografica che, rievocando quei luoghi che sembrano sospesi tra il terreno e l’ultraterreno come il complesso monolitico di Stonehenge, aumenta il senso di incertezza e di disequilibrio interiore. Anche la partitura musicale contribuisce a creare questo effetto di sospensione e ripartenza costante. Se da un lato, attraverso momenti di leggerezza e ironia, l’angoscia sembra venire nascosta con successo, dall’altro lato la musica di Arvo Pärt rafforza l’emotività, negando sia ai danzatori che agli spettatori di restare indifferenti alle sensazioni che traspaiono dall’opera.
Per questo lavoro, il coreografo sceglie di mettere in scena frammenti del proprio vissuto. Non si tratta, però, di un semplice racconto di ciò che è successo durante alcune relazioni che ha costruito in particolari momenti della sua vita. Ogni evento passato non viene filtrato da uno sguardo freddo e distante, ma tutto viene rappresentato mentre la sua mente ancora non riesce ad afferrare e decifrare ciò che è stato. Ne viene fuori una narrazione diretta, senza filtri, che non cerca una chiusura nella materia modellata e perfetta, ma che trova, nella sua frammentarietà e astrattezza, il comune denominatore tra le sue sensazioni e quelle di ognuno di noi. Egli stesso, sentendosi perso in questo vortice di emozioni, nel cercare se stesso cerca tutti gli altri e, nella sua sensazione di spaesamento, racconta lo spaesamento che, l’uomo del XXI secolo, prova di fronte a una società che appiattisce la sua capacità di sentire e, soprattutto, di ricordare.
Ai performer viene chiesto di rinunciare alle caratteristiche intrinseche legate al loro genere, o agli stereotipi su di esso. Lo sguardo diventa fisso, le espressioni facciali limitate, però gli si dà anche la possibilità di esprimere, in maniera fluida, in base alla sensibilità scenica, l’emotività percepita in quel determinato momento. Nulla deve partire da un’idea, ma da un impulso interno: in questo modo il corpo non si trascina dietro una gestualità stereotipata, e le dinamiche coreografiche si costruiscono libere da tutti gli schemi, cosicché l’uomo può essere sollevato dalla donna, se la necessità interiore della coppia in scena lo richiede, invertendo (o seguendo) i canoni senza barriere preconcette.

Compagnia Mòra
ALL’INIZIO DELLA CITTÀ DI ROMA
coreografia Claudia Castellucci
composizione musicale Stefano Bartolini
danzatori Sissj Bassani, Silvia Ciancimino, Guillermo De Cabanyes René Ramos, Francesca Siracusa, Pier Paolo Zimmermann
cura Camilla Rizzi
direzione di produzione Benedetta Briglia
produzione Societas

La dimensione umana della quantità, percepita agli inizi di una società di massa come quella romana, è avvertita per la prima volta come minacciosa. Il titolo chiama in causa l’inizio di una delle più estese civiltà europee, agli albori di un vivere sociale organizzato, con la necessità di regolare i rapporti tra gli umani e le cose che andavano moltiplicandosi a dismisura. Così nasce il Diritto, in risposta all’immane quantità di casi da prendere in esame, e la coreografia mima fatti, conseguenze, giudizi e patti che originano alcuni moti dell’agire umano. Le regole del Diritto romano colgono la parte legale degli affetti umani. L’esperienza primitiva che sta alla base di quelle astrazioni legali coglie anche la profondità psichica dell’individuo: l’istinto di conservazione, il sentimento della proprietà, il concetto di giustizia, il raziocinio della solidarietà, la percezione del giusto, la trascendenza di una legge super-partes.