Spettacoli

CANTIERE APERTO PER – TRE SORELLE

teatrOltre

martedì 7 febbraio 2023
19:00

Teatro Sperimentale

- ingresso libero

regia, scene e luci Claudia Sorace
drammaturgia Riccardo Fazi
con Federica Dordei, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli
coproduzione Index Muta Imago e Teatro di Roma – Teatro Nazionale
in collaborazione con AMAT & Teatri di Pesaro per “Pesaro 2024. Capitale Italiana di Cultura” con il sostegno di Festival delle Colline Torinesi, TPE/ Teatro Piemonte Europa
Index Muta Imago è sostenuta da Ministero della Cultura

Esiste almeno una cosa stabile su cui si fonda l’universo o non c’è nulla a cui aggrapparsi in questa catena di movimenti senza sosta nel quale tutto è intrappolato? (Karl Schwarzschild, fisico teorico, 1914)
Ogni migrante, in cuor suo, sa che tornare a casa è impossibile. (John Berger, 1984)

Una casa in rovina. Circondata da una natura indifferente che sembra premere alle pareti, sui vetri delle finestre. Un rifugio, uno shelter, tra i cui confini abitano tre sorelle: donne, esuli, apolidi; ma anche streghe, sciamane, barbone. Mentre fuori il mondo per come lo conoscevano va in rovina, cercano disperatamente di tenere insieme un riparo. Contro lo spaesamento, il senso di sradicamento e di abbandono, improvvisano un rifugio, costruiscono strategie, atti magici, abitudini; parole, opinioni, gesti, azioni che permettano loro di tenere insieme “la casa”, il centro del mondo. In un tempo che sconvolge, dominato da rotture, stravolgimenti e paure; tra incendi, tempeste di neve, esercitazioni di una guerra lontana, le tre donne, barricate in casa, cercano nel passato e nel futuro l’unica possibilità di pienezza, di profondità, di comprensione. Si muovono senza sosta, spostano mobili, si cambiano d’abito, si preparano per una festa di compleanno. Il loro tempo è esploso, il loro presente si muove tra scosse e frammenti dispersi di eventi lontani, passati e futuri.
“Dove andremo a finire? Che ne sarà di noi?”
Pensiamo alle Tre Sorelle e le immaginiamo esuli. Tra le fragili pareti di una capanna, di una tenda, forse nemmeno di una casa. Fuori dal tempo. Bloccate nello spazio. Senza punti di riferimento, ma non per questo dome, pacificate, ma anzi, sempre colte nel pieno del loro tentativo di tornare. Sempre pronte a ricominciare, a cercare nuove maniere di ricreare un centro, di liberarsi del presente, tornando al passato per riappropriarsi del futuro.
Lavoriamo a una riscrittura del testo di Cechov per capire come queste parole lontane possano entrare in relazione
con il sentire attuale. Una riscrittura che mette al centro degli eventi le tre donne protagoniste del dramma: tre donne, tre esuli, rimaste ormai sole. Gli eventi raccontati nel dramma di Cechov sono già accaduti, o forse, devono ancora accadere, fatto sta che nel rifugio, nella casa, sono rimaste solo loro: hanno abbandonato il mondo e il mondo le ha dimenticate. Vogliamo lavorare a partire dal testo di Cechov, ma utilizzarlo come fosse un racconto di fantasmi. Il testo-matrice sarà rappresentato dalle battute delle Sorelle, linea drammaturgica
principale dalla quale si apriranno come in un origami fantastico le voci e gli eventi legati agli altri protagonisti del dramma. Sarà solo a partire dalle loro parole, dai loro corpi, dai loro giochi che le tracce del dramma cechoviano affioreranno.
Ispirate alle due protagoniste del documentario Grey Gardens dei fratelli Maysles che racconta la vita da recluse di Edith Bouvier Beale e della figlia Ewing nella magione fatiscente che dà il nome al film, le nostre sorelle abitano un presente il cui centro è ormai perduto: costrette ad abbandonare le loro vite precedenti, improvvisano un rifugio, proteggono la loro identità attraverso le abitudini. Utilizzano la materia prima della ripetizione per tornare all’infinito a dare vita a figure che appartengono ormai al loro passato, in un esercizio continuo di possessione e di esorcismo allo stesso tempo. La casa è letteralmente infestata da queste presenze. Parole, battute, opinioni, gesti, azioni, perfino il modo di portare uno scialle sulla testa, tutto serve nel disperato tentativo di proteggersi dalla mancanza di senso: le voci di persone lontane nel tempo e nello spazio, raccolte e salvate, che continuano a risuonare da telefoni cellulari e radio; gli abiti raccolti di corsa, come scappando da un
incendio; gli scheletri di vecchi mobili di cui bisogna reinventare la funzione.
La morte del padre, l’abbandono di Versinin, le dichiarazioni d’amore di Tuzenbach, i discorsi sul tempo e sul futuro, il carnevale notturno, l’incendio: scene e momenti riaffiorano e ritornano, all’interno di una sorta di capsula
temporale che attraversa gli anni, ripresentandoli ogni giorno. Possessioni, incontri, incarnazioni, viaggi nel tempo che si chiedono e ci chiedono, così come faceva Virginia Woolf nelle ultime pagine dei suoi diari, mentre la guerra infuriava su Londra: “Cosa c’è di reale in tutto questo? Avremo mai nuovamente una vita vera?”